«Eppure ci appariva perfetto, non migliorabile: concluso, definitivo» (così esordiva Gian Arturo Ferrari nel suo Libro). Da lettori amanti della carta non eravamo forse stati capaci di immaginare una forma diversa per il libro; felicemente dipendenti dal gesto dello sfogliare le pagine, non abbiamo accolto con favore l’editoria digitale. La modalità di lettura esperibile come la decifrazione della scrittura alfabetica è apparsa per molto tempo, idealmente, l’unica praticabile.

Eppure il cambiamento delle modalità in cui si accede ad un testo ha una portata gigantesca. Per esempio, la lettura del libro tradizionale è lineare, si sviluppa da sinistra a destra nella sequenzialità delle parole, ma tutti noi ci stiamo abituando a raccogliere dati nello spazio dell’infografica. Inevitabilmente dobbiamo prendere atto che il libro, così come lo abbiamo conosciuto, non appartiene più all’ordine naturale delle cose. Nei mesi del primo lockdown audiolibri e podcast sono stati i protagonisti di un’enorme crescita. A maggio il trend della loro ricerca sul web era aumentato del 227% rispetto all’inizio del 2020.

«Non avrei mai letto Tolstoj, invece mi sono ascoltata Guerra e pace con le cuffiette, stirando», mi ha raccontato la mia amica Margherita, titolare di una tintoria. Tra gli effetti di bellezza collaterale di questo periodo di crisi, considero la rinnovata valorizzazione della lettura ad alta voce che rappresenta l’azione ostetricia per i libri, ma anche per le relazioni costrette nel distanziamento.

Il registro delle voci

Pensiamo a che cosa significa “testo”: è tessuto, dal latino textus. È una composizione in cui molteplici fili si intrecciano in trama e in ordito; fili diversi per natura, per colore, per spessore, per resistenza. Stanno gli uni accanto agli altri, quelli fragilissimi insieme ad altri, robusti. Vi sono in ogni testo anche fili invisibili, come aveva intuito Calvino: «Scrivere è sempre nascondere qualcosa in modo che venga poi scoperto» (in Se una notte d’inverno un viaggiatore).

Ecco, un effetto collaterale della produzione di ogni testo è il trasparire della voce come suo filo costitutivo, pur escludendo che chi scrive sappia chi e come leggerà. Nella lettura ad alta voce ognuno di noi può dare nuova vita alla scrittura, liberandola dalla stampa che la protegge e difende. La filosofa spagnola Maria Zambrano (tra l’altro esperta di isolamento, avendo vissuto da esiliata per più di quarant’anni) considerava la parola come il «fiore unico che nasce in ogni momento». La voce ha dunque il carattere delle cose nascenti; la parola dà sempre origine a qualcosa di nuovo, di inaspettato, di vivo.

Il registro delle voci della Val Susa e Val Sangone, in Piemonte, è nato dalla consapevolezza che la voce rappresenta un dono spontaneo ed è sorgente viva di legami di comunità. Grazie al progetto Ben-essere in valle promosso da Con.i.s.a. (Consorzio Intercomunale Socio-Assistenziale Valle di Susa), Unione Montana, Cooperativa Sociale Paradigma, fin da giugno un gruppo di cinquanta persone si sono rese protagoniste di straordinari e sorprendenti processi di lettura condivisa; prima hanno dedicato tempo ed energie in un personale percorso formativo irrobustendo la consapevolezza della gratuità della propria voce, lavorando sulle motivazioni che spingono a donarla agli altri.

Oggi ci sono cinquanta nomi scritti nel “registro delle voci delle valli”; persone ben identificate che, anche se non si distinguono in volto a causa della mascherina, si riescono a riconoscere per il suono unico che esce dalla loro bocca. Per tutta l’estate si sono accomodate nelle piazze dei loro paesi, leggendo in modo spontaneo per chi semplicemente sentiva desiderio e bisogno di fermarsi; sono entrate nelle case di riposo per portare agli ospiti la narrazione dei quotidiani, le origini dei nomi, le vicende del passato, le vite dei santi. Hanno creato “giardini di storie”; quale migliore spazio di incontro tra generazioni? Si sono create un rinnovato spazio nelle biblioteche, presentandosi come libri viventi tra gli scaffali.

Nessuna programmazione troppo formalizzata, l’organizzazione ridotta all’indispensabile: grazie ai libri sono avvenuti sorprendenti incontri tra vicini di casa nei cortili; c’è chi è andato a far visita ad una persona sola portando con sé una pagina da leggere ad alta voce, c’è chi ha composto un numero di telefono con il solo scopo di leggere una poesia.

La pittura della voce

In questi giorni che precedono il Natale, al tempo dell’isolamento e del coprifuoco, le persone iscritte al registro delle voci della Val Susa e Val Sangone metteranno un fiocco rosso sulla gola, lì dove il respiro attraversa il corpo per divenire parola. Raggiungeranno così chi è lontano, chi è solo; doneranno storie e pagine, stringendosi in un unico movimento che profuma di buona solidarietà. Sui cancelli della scuola dell’infanzia di Vaie (To) è apparso un manifesto su cui è scritto: un lungo filo che ci lega in un abbraccio di Natale.

Gli abitanti del paese sono invitati a lasciare al cancello storie, poesie, messaggi. Sicuramente qualcuno darà voce a questi testi, portandoli in giro, fin nelle case. La parola che corre su nastri fonologici conosce forse barriere fisiche? Come non ricordare Legarsi alla montagna (1981) di Maria Lai; là nastri leggeri ed effimeri, apparentemente inutili, divenivano simboli dell’arte in grado di realizzare il sogno di cambiare la vita. Oggi le voci sono come quei nastri: provocano alla scelta di legarsi a un vicino e di stringere relazioni dandosi l’un l’altro possibilità di salvezza.

Costruire vicinanza autentica, quella evocata dalla fisicità dei corpi: se il suono umano basta a calmare un animale inquieto, oppure un bambino piccolo ancora escluso dall’uso della lingua, ciò accade perché la voce ha un potere indipendente dal linguaggio. Persino il feto, nell’utero, percepisce le voci quando non ancora il verbale. La voce è dunque una forza archetipica. Maria Zambrano, in una intervista televisiva del 1988, disse: «Ho fatto in modo senza imparare il canto, che la mia voce, il mio dire avesse un po’ di incanto musicale». A Natale ogni voce senta il desiderio di donare un incanto a qualcuno.